«Ho 55 anni, faccio l’impiegato comunale. Abito a Ottaviano, provincia di Napoli. E sono il più anziano, ahimè, dei coordinatori campani». Poi, nel mezzo della storia, Antonio Annunziata sorride al passato: «Sa, me la fece lei, la domanda per entrare a Telethon. Era solo cinque anni fa. Mia moglie Lina. Biologa, con tesi in genetica. La mia più stretta collaboratrice di vita. Ma non ho smesso, adesso che non c’è più, di impegnarmi». Antonio è un uomo semplice, che quel giorno ha detto a Lina “perché no?”, e adesso che ne vede “di tutti i colori” non vuole più fare un passo indietro.

Con Antonio, c’è pure Adamo Liguori a occuparsi di Napoli: ha 31 anni, fa il promotore finanziario e dal 2011 coordina per Telethon la parte nord della città: «Tra poco divento papà. Oltre a organizzare eventi di raccolta fondi, lavoro soprattutto nelle scuole, perché sensibilizzare i bambini è la cosa più importante».

Domenico Schettino, dei coordinatori sul territorio, è invece il più giovane. Trent’anni e una laurea in medicina che sta arrivando solo ora, in ritardo, «per giusta causa». […] «Perché ha senso farlo? Una sera, durante un’ormai tradizionale cena spettacolo di raccolta tra amici e contatti vari, cantava per noi Eugenio Bennato, ci siamo fatti un giro di Bingo, e due risate davanti uno sketch comico. Così, abbiamo messo da parte 10 mila euro».

Carlo Pilotti, 45 anni, agente finanziario, dal 2008 si occupa per Telethon del territorio di Caserta, e ha messo su «un’attività di famiglia». Con la moglie Francesca, che lavora nel suo stesso ufficio, le pause pranzo si trasformano in briefing «su come raccogliere il massimo». […] Cellulari in casa, due: quello personale e quello della Fondazione, sempre acceso: «Io sono un fortunato: non ho malati prossimi, e sto dentro questo mondo sommerso che rivendica tanto nel modo migliore, tendendo la mano».

Tommaso D’Onofrio ha 46 anni, è sposato, e in quel di Salerno vive per i figli, Paolo e Federica. «Cinque anni fa, cercavano un ambasciatore sul territorio. Inviai il curriculum perché ho un cugino che da quando abbiamo 15 anni soffre di retinite pigmentosa, e perché con i bambini che crescono, capita che pensi cose che prima non ti venivano in mente. E così siamo partiti: un incontro la settimana, il venerdì, basta per organizzare un torneo di burraco per i più anziani, o una notte bianca per i giovani». Se gli chiedi di ricordare il momento che gli è rimasto più impresso, nella sua carriera di coordinatore, sospira: «Alessandro, mi ricordo di Alessandro. Diciassette, forse diciotto anni. Dipingeva con due dita i suoi quadri. Facemmo una mostra. Per tirare su qualcosina che aiutasse chi sarebbe arrivato dopo di lui. Morì poco tempo dopo. Non lo dimentico più. Come non dimentico “Tocca il cielo con un dito”: era estate, l’11 luglio 2008. Dall’aeroporto di Pontecagnano su un motoaliante biposto il progessore Giulio Basti, pilota generosi, porta i ragazzi disabili a fare un giro in volo sulla costiera amalfitana. Come a dire: “possiamo eccome, superarle, le barriere”».

Agostino Annunziata è ad Avellino, ha 48 anni e fa tanto, oltre quel che può. «Con mia moglie e i miei figli, tiriamo su banchetti. Siamo una famiglia monoreddito, lavoro solo io, in un’agenzia di assicurazioni, però da pendolare, in autobus, la mattina, ho molti tempi morti. È quello il mio ufficio per Telethon da quando ho realizzato che da semplice donatore mai avrei potuto tirare fuori dalle mie tasche cifre importanti come quelle che forse riesco a mettere insieme ora. Ci sono modi diversi, per dare. Dentro la paura che ti prende quando i parenti di un bambino si aggrappano a te chiedendoti “Sai nulla, tu, di questo male qui?” e tu non puoi che dare una parola di conforto. E dovergli rispondere che no, siamo ancora su altri, di mali. E che c’è da resistere, resistere, resistere».

Estratto dell’articolo di Lavinia Farnese pubblicato nel Telethon Notizie n. 2 – 2013.