In occasione della giornata per le malattie neuromuscolari e grazie alla collaborazione e condivisione della direzione nazionale Uildm, raccontiamo la storia di una famiglia che ogni giorno convive con l’atrofia muscolare spinale.

Lui si chiama Simone e il suo papà Stefano. Vivono in provincia di Treviso con mamma Elettra e il fratello Matteo. Nella loro storia si mescolano vita quotidiana e passione per lo sport.

Simone ha un’atrofia muscolare spinale (sma), una malattia che priva le persone della forza muscolare colpendo le cellule nervose nella spina dorsale, portando via loro la capacità di camminare, mangiare o respirare. Già a nove mesi i genitori si accorgono che qualcosa non va, ma la diagnosi ufficiale arriva nel 2006 quando Simone ha un anno e mezzo, dopo molti viaggi, visite mediche e consulti. «La prima volta che abbiamo sentito parlare di sma – racconta papà Stefano – è stato come ricevere una pugnalata. Siamo stati seguiti e con il tempo abbiamo imparato a convivere con la malattia di Simone e a gestirla. Non ci siamo mai fermati, mai abbattuti. Facciamo tutto quello che può e vuole fare perché lui ci dà la carica per affrontare tutto».

Simone frequenta l’ITIS di Treviso con indirizzo “Sistemi informatici aziendali”. In questo periodo a scuola va in presenza, mentre i compagni seguono le lezioni da casa. Ha la passione per la matematica, l’informatica e lo sport. Ed è proprio lo sport a fare la differenza per la loro famiglia. Simone, infatti, gioca nei “Black Lions”, la squadra di Venezia che ha vinto gli ultimi 3 campionati italiani di powerchair hockey, l’hockey in carrozzina elettrica arrivato in Italia dall’Olanda negli anni ’90 grazie ai ragazzi del Gruppo Giovani Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Simone inizia a sette anni, su suggerimento di un membro del direttivo di Uildm Venezia.

«L’hockey è stata una svolta per tutta la famiglia. Simone è portiere – spiega Stefano – è stato convocato anche in Nazionale. E io sono il meccanico che aggiusta le carrozzine usate nelle gare! L’hockey ci ha aiutato a superare ogni discriminazione: Matteo, il fratello di Simone, veniva preso in giro per la disabilità del fratello. Da quando il fratello gioca a hockey le prese in giro sono cessate immediatamente. All’inizio mia moglie Elettra seguiva Simone durante le partite, mentre io andavo con Matteo che a quel tempo giocava a rugby».

Dopo un infortunio Matteo deve abbandonare quella disciplina, così Stefano inizia a seguire il wheelchair hockey. «In questi anni ho imparato a conoscere la carrozzina di Simone in tutte le sue parti. Di professione faccio il falegname e mi piace smontarla e rimontarla quando c’è qualche problema o un meccanismo da aggiustare. Simone è un adolescente come tutti gli altri e la rompe spesso. Proprio grazie a questo sono diventato il meccanico della squadra. L’hockey ci dà la possibilità di vivere un’esperienza di normalità che dà felicità a Simone. Nello sport può sperimentare l’amicizia e lo spirito di squadra. In campo – conclude Stefano – sono giocatori agguerriti, fuori sono amici fraterni. Lo sport è un’opportunità di crescita per tutti noi, di scambio e condivisione anche tra famiglie».

Con l’hockey è venuto naturale anche il coinvolgimento della famiglia nelle attività della Sezione Uildm di Venezia. «Uildm è una famiglia, è un amore ricambiato, ci stiamo bene dentro», continua. La moglie Elettra nel 2018 è stata eletta consigliera della Sezione, si occupa della raccolta fondi e del laboratorio di oggettistica di Uildm Venezia. «Il rapporto tra Simone e me? È di amore e odio, come quello di tutti i papà con i figli. Quando è in campo mi vuole sempre accanto, pronto a sistemare la carrozzina da gioco. Simone è un “rompiscatole” come tutti gli adolescenti, noi lo trattiamo come il fratello maggiore: Simone ha diritti e doveri come tutti. Ho un sogno – conclude Stefano – per mio figlio: che sia felice e viva la sua vita nel migliore modo possibile».