«Ho dato il sangue, i muscoli, mi sono messo nudo di fronte ai medici. Più di così…». Sandro sorride, quando racconta quello che ha fatto per la ricerca. Non si prende troppo sul serio, non si mette al centro del mondo.

Sandro e Alice

Prima ci sono gli altri. Un modo di vivere che è la sua forza, perché è così che ha affrontato la malattia.

Sandro ha 45 anni, fa la guardia giurata. Tre anni fa ha scoperto di avere la distrofia dei cingoli. Brutta botta. Incredulità, un po’ di rabbia (perché proprio a me?), ma nessun dramma.

«Ho avuto una vita normale fino a quarant’anni e oltre, con le mie gioie e le mie soddisfazioni. Ora, si deve fare avanzare la ricerca, perché i ragazzi, i bambini, hanno diritto a stare bene».

Determinato e ottimista: «Se sono andati sulla Luna, perché, prima o poi, non dovrebbero sconfiggere le malattie genetiche?».

Sandro è sempre stato una persona dinamica, amante dello sport, che ha praticato a livello agonistico. L’attività fisica ha ritardato il manifestarsi dei sintomi della distrofia; ora è la sua arma per tenerne a freno l’avanzare. «In palestra ho un programma a parte, ma faccio tutto».

Il suo vero alleato è Alice, la compagna a cui è legato da dieci anni e con cui, da tre, convive. «Grazie a lei ho riscoperto la fede. Ho ripreso a pregare; ma non per me. Mi dimentico – sorride – prego quasi sempre per gli altri. Ci sono ragazzi che hanno davvero bisogno».