Il genoma di diversi organismi viventi, primo tra tutti l’uomo, è già stato decifrato ma non per questo il Dna è acqua passata. Poter leggere l’insieme delle lettere del nostro genoma, infatti, non è sufficiente per capire le parole e quindi il messaggio contenuto. Dopo il Progetto Genoma, si punta ora alla comprensione dell’informazione racchiusa nel Dna: per fare questo, in tutto il mondo gli scienziati stanno concentrando la loro attenzione sullo studio dell’Rna, la molecola che deriva direttamente dal Dna – di cui è una copia – e che finora si pensava servisse essenzialmente alla produzione di proteine utili alla cellula.In altre parole, dal genoma si passa al cosiddetto trascrittoma, l’insieme di tutte le molecole di RNA presenti in una cellula.

Un primo risultato di questa nuova esplorazione scientifica ha costretto addirittura a rivedere il dogma-pilastro della biologia: viene infatti infranta la nota regola “un gene-un Rna-una proteina” che fino a oggi ha spiegato come l’informazione portata sul Dna di una cellula venga tradotta e trasformata in proteina capace di svolgere una certa funzione; da ora in poi si dovrà invece pensare in termini di “un gene-molti Rna e a volte anche delle proteine”.

È un risultato entusiasmante per la comunità scientifica mondiale, che apre nuovi orizzonti su quello che è stato definito il “continente” Rna, un nuovo territorio ancora sconosciuto che si sta rivelando ricco di sorprese. Tutto ciò è frutto di un imponente progetto di ricerca interamente finanziato dal governo giapponese e apparso in due articoli pubblicati su Science*,**. Un’opera titanica, equiparabile al Progetto Genoma, promossa e coordinata da Piero Carninci, ricercatore italiano dell’Istituto RIKEN di Yokohama e Wako da 10 anni residente in Giappone, che ha messo a punto le sofisticate tecniche e metodologie per la raccolta e l’analisi dei dati.

Il lavoro è stato effettuato dal Consorzio “FANTOM 3”, dal RIKEN Genome Exploration Research Group e dal Genome Science Group e ha coinvolto più di 190 scienziati residenti in 10 diversi paesi per un totale di 51 istituti di ricerca. Al progetto hanno contribuito una ventina di ricercatori italiani di 8 diversi centri: tra questi un ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco, Valerio Orlando che lavora all’IGB CNR di Napoli; Diego di Bernardo ed Elia Stupka dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Napoli; Manuela Gariboldi dell’Istituto Nazionale dei Tumori e della Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano; Stefano Gustincich del Laboratorio della “Fondazione Giovanni Armenise-Harvard” della Scuola Internazionale Di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste; Sabino Liuni dell’Istituto di Tecnologie Biomediche-CNR di Bari; Graziano Pesole dell’Università di Milano; Claudio Schneider del Consorzio Interuniversitario per le Biotecnologie a Trieste.

Grazie a una nuova tecnica messa a punto dallo stesso Carninci, che consiste nel “catturare” le molecole di Rna prendendole dalla testa e non dalla coda, i ricercatori hanno potuto completare una minuziosa e gigantesca analisi di tutte le molecole di Rna prodotte in una cellula: l’analisi ha rivelato l’esistenza di circa 180 mila molecole di Rna diverse, un numero assolutamente inaspettato visto che ormai  il numero  dei geni nell’uomo è stimato in circa 22 mila (contro gli iniziali 150 mila).

A fare da “cavia” per l’esperimento sono stati diversi tipi cellulari di topo ma i risultati sono applicabili anche alle cellule umane. “Questo significa – commenta Carninci – che rispetto al nostro modello di cellula e di funzionamento dei geni, secondo cui solo il 2% del Dna viene tradotto in proteine, aumenta di molto il numero degli Rna cosiddetti “non codificanti”, che cioè non servono a produrre una proteina ma piuttosto a coordinare il funzionamento dei geni, a dirigerne l’attività, la loro accensione o il loro spegnimento, o a svolgere altre funzioni ancora da scoprire”.

In effetti risulta che addirittura il 62% del Dna viene copiato in Rna e circa la metà dei 180 mila Rna consiste in Rna “non codificante”. I “nuovi” Rna che non diventano proteine derivano da zone di Dna finora poco considerate dal punto di vista funzionale: introni, ovvero le regioni all’interno di un gene che non servono a produrre una proteina), regioni intergeniche, cioè situate tra un gene e l’altro e che non contengono geni, oppure il cosiddetto filamento antisenso, la catena di Dna di un gene complementare a quella che serve a produrre un Rna per una proteina, ma letta in direzione contraria.

Da questa ricerca emerge anche un altro dato: la complessità del genoma dei mammiferi, costituito da un numero di geni spesso poco più grande di quello degli organismi inferiori, è dovuta alla presenza di complicati meccanismi di controllo che regolano i diversi trascritti di RNA.

Secondo Valerio Orlando, uno dei protagonisti del rivoluzionario studio, “Siamo di fronte a un’enorme, nuova e inaspettata miniera di informazioni che ci sarà preziosissima per comprendere come funzionano i geni”.

Tra i soggetti italiani che hanno contribuito alla ricerca ci sono, oltre a Telethon, l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro e la Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.

*FANTOM consortium and RIKEN Genome Exploration Research Group and Genome Science Group. Science 2005, 309:1559-63; RIKEN Genome Exploration Research Group and Genome Science Group and FANTOM Consortium. Science 2005, 309:1564-66