Individuato un polimorfismo genetico associato a morte improvvisa

Nella sindrome del QT lungo, importante causa di morte improvvisa giovanile, il rischio di arresto cardiaco aumenta se in uno dei geni responsabili, oltre a un difetto molecolare che causa la malattia è contemporaneamente presente un cosiddetto polimorfismo, un’alterazione nel DNA di per sé innocua. In altre parole, l’incontro tra una rara mutazione che produce un debole effetto sul cuore e un comunissimo polimorfismo che da solo non farebbe nulla, genera un cocktail micidiale capace di provocare un arresto cardiaco e, in assenza di intervento immediato, la morte improvvisa.

È il risultato ottenuto da ricercatori italiani e statunitensi guidati dal professor Peter J. Schwartz, direttore della Cattedra di Cardiologia dell’Università di Pavia al Policlinico S. Matteo, IRCCS, e pubblicato sulla prestigiosa rivista Circulation*.

All’origine la storia di una donna di 40 anni che ha un arresto cardiaco mentre è in auto con il marito. La vicinanza di un pronto soccorso ne permette la resuscitazione e le analisi cliniche presso l’unità coronarica del S. Matteo di Pavia, diretta da Schwartz, non rivelano la causa dell’evento. L’elettrocardiogramma (ECG) sembra normale, ma dall’analisi genetica condotta da Lia Crotti  presso il laboratorio di Cardiologia Molecolare del S. Matteo (sempre diretto da Schwartz) emerge un’alterazione in grado di causare la sindrome del QT lungo, che però non spiega l’apparente normalità dell’ECG.

Il difetto, dalla sigla A1116V, sta sul gene HERG responsabile della corrente ripolarizzante al potassio (la ricarica elettrica delle cellule cardiache) nota come IKr. Successive registrazioni dell’ECG rivelano che per brevi lassi di tempo l’intervallo QT si allunga improvvisamente confermando la diagnosi. Ed ecco che a fianco della clinica interviene la biologia molecolare e nel DNA della paziente, oltre al difetto responsabile della LQTS, Lia Crotti scopre anche un polimorfismo, noto come K897T, estremamente comune in quanto presente nel 30 per cento della popolazione bianca. Dall’analisi del DNA di diversi familiari (figli o fratelli) emerge che nessuno presenta insieme la mutazione ed il polimorfismo e nessuno ha mai avuto sintomi cardiaci: solo chi presenta entrambe le alterazioni genetiche ha un rischio maggiore di arresto cardiaco.

Grazie alla collaborazione esistente da anni tra il gruppo di Schwartz e quello del professor Al George, alla Vanderbilt University di Nashville (USA), per la prima volta si è visto su cellule in laboratorio l’effetto sulle correnti di potassio dei due difetti genici, presi singolarmente o insieme, come avviene in un individuo che eredita una copia del gene alterato dal padre e una copia dalla madre e in cui la riduzione di corrente di potassio è molto maggiore perché il polimorfismo potenzia l’effetto della mutazione. L’importanza dello studio, come sottolineato nell’editoriale che lo accompagna, risiede nella prima dimostrazione convincente che un polimorfismo molto comune è in grado di modificare la gravità clinica della sindrome del QT lungo.

La scoperta stimola la ricerca di altri polimorfismi capaci di aumentare o ridurre il rischio di morte improvvisa per pazienti colpiti da malattie comuni quali l’infarto miocardico e lo scompenso cardiaco. Dichiara Schwartz: “La genetica molecolare integrata con la cardiologia clinica sta offrendo nuove opportunità per la miglior cura dei pazienti a rischio di morte cardiaca improvvisa. Non è più accettabile che ci si laurei in medicina negli anni 2000 senza conoscere la biologia molecolare, ma purtroppo questa è ancora la realtà in molte Università italiane. Non a Pavia”.

“Telethon ha finanziato numerosi progetti sulla morte improvvisa di origine genetica – commenta Francesca Pasinelli, direttore scientifico di Telethon – e ha voluto affiancare Peter Schwartz nella comunicazione di questo risultato in quanto la sindrome del QT lungo rappresenta da sempre un ambito di ricerca molto importante, che negli ultimi anni ha prodotto risultati significativi per la diagnosi e la terapia”. Lo stesso Schwartz ha usufruito in passato di un finanziamento Telethon biennale sulle cause genetiche alla base della sindrome del QT lungo.

*Crotti L. et al, Circulation. 2005 Aug 30;112(9):1251-8.