Parenti stretti. Quando si parla di Uildm si parla di Telethon, e viceversa. Se formalmente appaiono entità distinte, nella pratica la loro essenza diviene indistinguibile, così profondamente accomunata dall’obiettivo di sostenere la ricerca per l’identificazione di una cura per le malattie neuromuscolari, e non solo. Se anche Telethon, nel corso degli anni, ha articolato sempre più la propria missione per accogliere la sfida di offrire una risposta terapeutica alle patologie genetiche, il rapporto con l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare è rimasta di intrinseca collaborazione, su versanti differenti ma fondata su una vera e propria affiliazione, partita 26 anni fa, quando i vertici dell’Unione, per una intuizione di Susanna Agnelli, pensarono profeticamente che «o ci occupiamo della ricerca o si fa raccolta nel quotidiano». Un click che ha acceso una lampadina che ancora illumina la ricerca. Ne è profondamente convinto Marco Rasconi, recentemente eletto nuovo presidente di Uildm.

Al momento della nomina ha dichiarato: «Il lavoro che ci aspetta è impegnativo e presenta molte, bellissime sfide». Quali sono quindi i principali obiettivi della Uildm per il futuro?
Un punto di partenza è quello di recuperare pienamente l’identità dell’Associazione, così da poterla trasmettere efficacemente anche all’esterno. Dobbiamo poter raccontare senza ambiguità chi siamo e cosa facciamo. Noi abbiamo una identità forte e radicata che però spesso rimane relegata ad una dimensione territoriale. La Fondazione Telethon è il compagno giusto per raccontare le nostre storie e riportarle su un piano nazionale, dando evidenza a tutto ciò che l’Associazione sta portando avanti da 55 anni, e che da 26 anni Telethon ha fatto suo. D’altro canto, è mia intenzione investire sui giovani, liberando quelle energie che, a causa anche del difficile momento storico ed economico, rischiano di non essere sufficientemente valorizzate. Vorrei anche poter trasferire la narrazione dal versante della patologia a quella dei bisogni, parlando di soluzioni, di risposte e di progetti di collaborazione con altre realtà associative con cui condividiamo gli stessi obiettivi. Del resto, il ruolo associativo è proprio quello di “mettere in rete” le necessità, sperimentando le soluzioni. Noi siamo un’Unione, ed è su questo principio che può imperniarsi il nostro futuro di condivisione sul territorio dei nostri obiettivi e delle nostre proposte.

Uildm e Telethon vantano una parentela molto stretta, quasi un rapporto filiale. Come è proseguita questa affiliazione che ha alle spalle una storia lunga oltre 26 anni?
Il legame con Telethon parte da una necessità, esplicitata a suo tempo da Susanna Agnelli: Uildm non può fare tutto, o si occupa della ricerca o organizza la raccolta nel quotidiano. Così nasce Telethon, a cui Uildm, da sempre ha attribuito una delega di responsabilità estremamente importante. Io sono all’interno dell’associazione da almeno 25 anni, ovvero da quando è nata Telethon, e ho assistito ad un progresso infinito, in base ad un processo di continuo rinnovamento, come una farfalla che continua a mutare per volare sempre più in alto. Telethon ci rappresenta profondamente, mantenendo fede al mandato originario in maniera straordinaria, offrendo alla nostra attività quell’elemento di concretezza che è quello di cui le famiglie che si rivolgono a noi hanno bisogno.

Nel corso del tempo Telethon ha assunto contorni d’azione molto più ampi ed articolati rispetto al suo “esordio”.
Ciò che sicuramente non è cambiato in questi anni è l’anima che Telethon mette in tutte le attività che ci riguardano da vicino, a tutti i livelli. La Fondazione Telethon è intrinsecamente costituita della stessa “materia” di cui noi siamo fatti, e da qui nasce la capacità di restituire verso l’esterno l’autentica essenza di ciò che siamo e cosa facciamo. Con la sua attività, Telethon oggi offre a Uildm la incomparabile possibilità di dire con certezza e trasparenza dove va a finire ogni singolo euro della raccolta.

Qualità della vita: cosa chiede Uildm alle istituzioni per far sì che la vita delle persone che soffrono di distrofie muscolare possa migliorare?
Quello che Uildm, ed io stesso investito dal mio mandato, vorremmo chiedere alle istituzioni e ai nostri interlocutori in genere, delle opportunità. Le persone con disabilità hanno necessità di ottenere diritti ma anche di ottemperare a dei doveri. Nel momento in cui le persone con disabilità scendono in piazza per rivendicare maggiori diritti chiedere un diritto sanno bene che, nello stesso momento, stanno dichiarando implicitamente di accollarsi il dovere di fare il più possibile. Quando diciamo alle persone «noi combattiamo per fare in modo che possiate prendere l’autobus» intrinsecamente gli diciamo «adesso non hai più scuse». Le persone con disabilità non vogliono vantaggi, non vogliono privilegi, desiderano pari opportunità, ovvero abbattere quelle barriere culturali e fisiche, perché la disabilità non è una condizione intrinseca, ma sono le condizioni esterne che la determinano. Tracciando un bilancio generale, posso dire che la qualità della vita è migliorata perché negli anni abbiamo chiesto ed ottenuto l’inclusione scolastica e l’inclusione lavorativa. Un altro risultato importante è stato quello di ottenere il diritto di poter ricevere una diagnosi precisa. Affiancare un genitore che ha ricevuto la diagnosi per un figlio e potergli dire «guarda che non sei da solo, ti siamo vicini, ti possiamo aiutare», si accende una lampadina in una stanza buia. La qualità della vita passa da tutte queste cose.

Qual è allora il prossimo obiettivo da raggiungere?
La nuova frontiera è la vita indipendente. L’aspettativa di vita si è allungata, grazie anche alla ricerca e agli investimenti fatti anche dalle associazioni. A questo punto occorre ridefinire i ruoli. Oggi ancora non si parla di figlio ma di assistito, e il genitore è l’accudente. Il cambio di passo avviene quando puoi riappropriarti del ruolo di figlio e puoi fare tu qualcosa per i tuoi genitori. Io l’ho vissuto sulla mia pelle, un cambio copernicano. Investire sulla vita indipendente inoltre fa risparmiare lo Stato. La qualità della vita delle persone con disabilità è un risparmio sociale, è un guadagno per tutti. Noi rappresentiamo la generazione successiva rispetto a coloro che hanno dovuto urlare. Dobbiamo smetterla di urlare e iniziare a parlare, dobbiamo dire che abbiamo ancora tanto da fare e chiedere alla società che ci aiuti a farlo.

Quali sono i prossimi progetti che Uildm vuole realizzare con Telethon?
Quello che vorrei continuare a fare è proseguire con il racconto di quello che siamo, noi e Telethon, e di ciò che stiamo facendo, a livello progettuale. Vorrei riuscire a far passare il messaggio che noi investiamo sui giovani, mettendoli in contatto con loro coetanei di altre realtà associative, dedicando a loro degli spazi per il racconto, in modo da far partire quel laboratorio di idee che ha fatto si che si determinasse il rinnovamento. C’è bisogno di un senso di appartenenza sociale e di cultura civica che i nostri ragazzi hanno e che va alimentato, all’infinito.

Intervista di Giancarlo Strocchia