Si celebra l’11 febbraio: è l’occasione per ricordare il divario di genere in ambito scientifico, ma anche per sottolineare il fondamentale contributo delle ricercatrici nella lotta al Covid-19.

Anna Kajaste-Rudnitski

«La pandemia di Covid-19 ha chiaramente dimostrato il ruolo fondamentale delle ricercatrici donne nelle diverse fasi della lotta contro la malattia, dall’avanzamento delle conoscenze sul virus allo sviluppo di test diagnostici alla creazione di vaccini contro il virus Sars-Cov-2».  Così l’Unesco in occasione della sesta edizione, l’11 febbraio, della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Una giornata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2015 e che quest’anno ha come tema portante le donne scienziate in prima linea contro il Covid-19.

E in prima linea contro la pandemia sono sicuramente state anche molte ricercatrici Telethon. Basti pensare che sono proprio coordinati da donne tre dei quattro progetti di ricerca finanziati nel 2020 con il Bando Covid-19, dedicato da Fondazione Telethon all’utilizzo delle malattie genetiche rare come “lente di ingrandimento” per la comprensione di aspetti ancora poco noti dell’infezione da parte di Sars-CoV-2.

Si tratta di Anna Kajaste-Rudnitski (Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica di Milano), Maria Teresa Fiorenza (Università di Roma Sapienza) e Cristina Sobacchi (Cnr e Humanitas Research Hospital di Milano), con progetti che prendono rispettivamente le mosse dalla sindrome di Aicardi-Goutière, dalla malattia di Niemann-Pick di tipo C e dalla disostosi acro-fronto-facio-nasale.

Anche Silvia Priori, professoressa di Cardiologia all’Università di Pavia e direttrice dell’Unità operativa di cardiologia molecolare dell’IRCCS Maugeri Pavia, che da sempre studia le aritmie ereditarie anche grazie al supporto della Fondazione Telethon, ha deciso di mettere la sua esperienza in questo campo al servizio dei clinici che si occupano della gestione dei pazienti con Covid-19. Lo ha fatto dando vita, in collaborazione con l’Ospedale Humanitas di Milano, al progetto Cardio-Covid ECG, focalizzato sullo studio del fenomeno dell’allungamento dell’intervallo QT nei pazienti ricoverati per Covid-19.

La Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, però, non può essere solo occasione di celebrazioni. Obiettivo fondamentale è soprattutto stimolare la riflessione su quanto ancora manchi per un pieno raggiungimento dell’equità di genere nell’accesso e partecipazione all’impresa scientifica. Anche se a livello internazionale molto è stato fatto, ed effettivamente la presenza femminile nella comunità scientifica è in continua crescita, l’Unesco ricorda che «molte donne e ragazze continuano a essere escluse da questa partecipazione».

Al momento meno del 30% dei ricercatori al mondo sono donne e solo una studentessa su tre sceglie all’università una disciplina legata all’ambito STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), con iscrizioni particolarmente basse nelle facoltà di ICT (tecnologia dell’informazione e comunicazione), scienze naturali, matematica, statistica e ingegneria. Per altro, proprio la pandemia di Covid-19 che da un lato ha messo in luce tanta ricerca femminile di qualità, dall’altro «ha avuto un impatto particolarmente negativo proprio sulle scienziate, soprattutto quelle agli inizi della carriera, contribuendo ad allargare il gap di genere che già esiste».

Un punto messo in luce anche da un articolo divulgativo apparso pochi giorni fa sulla rivista scientifica Science, che sottolinea come il calo di produttività scientifica nei primi mesi di pandemia sia stato in media più pesante per le donne che per gli uomini e come la pandemia abbia penalizzato in particolare le ricercatrici che sono anche madri di bambini piccoli, sulle quali nei periodi di lockdown è più spesso ricaduto l’impegno di cura dei figli.