«Fondazione Telethon non è solo un laboratorio scientifico, ma un laboratorio umano». Alessandro D’Addio, coordinatore per la provincia di Pesaro-Urbino, colloca subito l’attenzione sul piano dell’ampiezza dell’intervento della Fondazione, che non si limita a sostenere i progetti di ricerca ma accoglie il problema delle malattie genetiche nel suo complesso. «Un approccio che potrei definire olistico e che fa molta breccia nei confronti dei potenziali donatori. Telethon considera e affronta la sofferenza individuale del malato, la sofferenza quotidiana delle famiglie e il disagio del ricercatore quando occorre proseguire sulla strada della ricerca nonostante, a volte, la complessità che la scienza presenta».

Alessandro è certo dell’importanza che la forza delle relazioni affettive riveste nella vita di ognuno di noi. «Io sono stato molto fortunato nella vita, sin dall’inizio dei miei studi. Sono marchigiano ma mi sono laureato in Ingegneria navale a Napoli. Da allora non ho mai smesso di lavorare, prima per il gruppo Eni, sia a Milano che a Fano, e poi costituendo io stesso una società di progettazione. Nel 1971 ho conosciuto Carla, la mia attuale moglie, anche lei volontaria Telethon, un legame che quest’anno compie 47 anni e che ha dato vita a due figlie che, senza peccare di immodestia, posso definire straordinarie. Tutte e due laureate in medicina, la più piccola lavora come ematologa presso l’ospedale di Ravenna, mentre la prima, dopo un dottorato di ricerca ad Harvard, è responsabile di diversi progetti di ricerca a Milano, sia all’università Statale che presso gli ospedali San Raffaele e Sacco, sempre per quanto riguarda il diabete».

Alessandro ha avuto una vita movimentata ma piena di soddisfazioni. «Ho fatto un conto approssimativo e nella mia professione sono salito almeno 500 volte su un aereo». Grandi progetti in mezzo mondo, soprattutto in Nord Africa e Medio Oriente. «Dovevo restituire anche solo parte di quanto la vita mi ha regalato, e per questo nel 2005 ho deciso di rispondere all’annuncio di Fondazione Telethon che cercava coordinatori. Ci siamo incontrati e ci siamo piaciuti».

Da allora sono passati 13 anni di impegno, responsabilità e tante iniziative. «Credo, in onestà, di essere un coordinatore un po’ atipico. Come ben sappiamo, l’attività di raccolta di Telethon si fonda su due capisaldi: a Natale la vendita di cuori di cioccolato e a primavera quella dei biscotti a forma di cuore. Io, forte della mia esperienza maturata nel capo professionale, ho cercato di elaborare degli accordi “di collaborazione” con istituzioni, amministrazioni pubbliche, società, così da garantire una continuità nella raccolta dei fondi, potendo contare su un margine di donazioni stabile. Per esempio, abbiamo sottoscritto un’intesa con il Comune di Piobbico, dove esiste il castello Brancaleoni. Proprio qui, dal 2005, organizziamo una cena intitolata “Piobbico sta con Telethon” i cui proventi vanno a Telethon. Un altro accordo prevede che i ristoranti della catena “Pesce Azzurro”, gestiti dalla cooperativa di pescatori di Fano, destinino, per ogni pasto servito, un centesimo a Telethon. Nel 2006, primo anno di questa esperienza, il ristorante era uno solo e i pasti furono 150.000, per una donazione di 1.500 euro. Oggi i locali sono sei e l’ultimo anno la donazione è stata di 5.550 euro, scaturita dai 555.000 pasti serviti. E visto che sta per aprire le porte il settimo dei ristoranti, speriamo che questa cifra salga ancora».

E poi tante altre iniziative, da quelle organizzate in collaborazione con l’Avis di Fano alla collaborazione costante con l’Ancescau. Alessandro ha stabilito con le istituzioni locali un rapporto di grande fiducia, relazione ricambiata con orgoglio. «A sorpresa, al termine della consegna da parte dei titolari dei vari eventi, degli assegni che raccoglievano le donazioni, la presidente del Consiglio comunale di Fano mi ha gratificato con una targa per l’impegno svolto da e con Fondazione Telethon per la cura delle malattie genetiche». Una esperienza positiva, che Alessandro vuole condividere con tutti coloro che hanno abbracciato con entusiasmo l’impegno di sostenere la mission della Fondazione. «Noi siamo la prima interfaccia di Telethon nei confronti del territorio. Ci mettiamo la faccia, forti della reputazione di serietà e trasparenza che Telethon ha saputo guadagnarsi nel corso degli anni. La gente si fida, ha imparato a conoscere la Fondazione e si avvicina a noi con fiducia».

E poi la comunicazione, che non è un aspetto marginale. «Non tutti i nostri interlocutori sono consapevoli che esistano migliaia di malattie genetiche e che molte sono state individuate grazie alla ricerca di Telethon. Uno scenario che giustifica ogni nostro sforzo e che ci incoraggia a diffondere la conoscenza di un’attività utile non solo per chi oggi soffre ma per tutti noi».

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