Con le parole ho sempre avuto un rapporto complesso di amore e odio. Amore per la potenza e la bellezza creativa delle parole ascoltate, lette o nate dentro di me, l’odio per la fatica e la difficoltà con le quali, talvolta, escono dalla mia bocca.

Anna insieme alle sue sorelle

La balbuzie è la mia disabilità più evidente, anche se, come tutti, ne ho molte altre nascoste. Forse però la balbuzie ha il merito di avermi obbligato a soffermarmi sul significato, sul peso, sulla fatica, sulla potenza, sull’azione creativa e distruttiva della parola.

Per fortuna poi l’incontro con la persona è molto più potente delle parole, ma spesso per paura rinunciamo all’incontro e così le parole possono diventare porta di ingresso o muro insormontabile. “Trisomia 21” le prime parole, che annunciavano l’arrivo di Anna, pronunciate dalla genetista dopo la villocentesi, trasformate poi in un più comprensibile “sindrome di Down” o in un più amichevole “bambina speciale”, ma sempre parole che hanno quell’invadenza e prepotenza capace di oscurare ciò che veramente conta.

L’incontro con Anna è una delle esperienze di vita più complete che io, mamma Daniela con le sorelle Marta e Francesca abbiamo avuto e stiamo vivendo ogni giorno.

In ogni incontro però, c’è una prima zona di imbarazzo più o meno evidente che ci blocca. Questo accade ogni giorno e in ogni singolo incontro, a tutti i livelli e viene amplificato quando incontriamo una persona con disabilità. Normalmente evitiamo questa zona, ma la capacità di entrarci principalmente dipende da due fattori: la diversità percepita e la confidenza.

Che parola meravigliosa. Confidenza: con fiducia. Avere fede e speranza nell’altro. La confidenza non si può studiare e si nasconde dietro al pregiudizio. Per questo non ci sono e non ci possono essere professori o guru della confidenza. La impari da te vivendo un po’ dell’altro e lasciando che altri vivano un po’ di te. Solo in questo modo entri in confidenza, non ci sono altre vie. E quando ti concedi l’imbarazzo ed entri nel magico mondo della confidenza, anche la disabilità, la malattia, la diversità lascia spazio alla persona. La sedia a rotelle va sullo sfondo, i tratti somatici diventano caratteristica, il non saper parlare si fa da parte e mostra un orizzonte fatto da infinite modalità diverse di comunicare. Ciò che sembrava lentezza diventa tempo e ciò che sembrava limite fisico diventa spazio da vivere. È come descrivere l’innamorarsi. Non è possibile. Se non lo provi non capisci.

In questa dinamica le parole sono molto importanti, sono le chiavi giuste per aprire porte e abitare questa fertile zona di imbarazzo che troppo spesso evitiamo. Non si tratta di essere politically correct, ma di auto-educarci ad un nuovo linguaggio per spazzare etichette e pregiudizi che limitano la nostra felicità.

A noi lo mette bene in evidenza, con delicata potenza, la piccola Anna e quel maledetto cromosoma. Dico “maledetto” perché amo Anna, non la sua sindrome. Ma forse questa “diversità” ha il merito di essere un amplificatore delle mie e delle nostre contraddizioni e così, senza prenderci troppo sul serio, anzi proprio per niente, abbiamo creato una piccola redazione famigliare per raccogliere la bellezza che porta Anna nella nostra vita. Lo facciamo sulla pagina Facebook “Buone notizie secondo Anna”.

Scherzare anche su argomenti importanti come la disabilità dona una grande libertà e ci aiuta a vivere insieme quel imbarazzo creativo. Scoprire da e con Anna nuove dimensioni del tempo, inutili stereotipi che ci siamo costruiti o ridere come matti perché qualcuno ci chiede se abbiamo parenti orientali, donano un punto di vista completamente nuovo e una confidenza creativa liberante. Abbiamo davvero bisogno di condividere queste buone notizie con il sorriso, anche quando nascono dalla sofferenza e come un bimbo attende Natale, noi attendiamo le vostre “buone notizie”.