«I grandi progressi della medicina li dobbiamo a coloro che hanno voluto credere nel futuro. Se non fosse stato così, malattie anche banali sarebbero tutt’ora incurabili. È per questo che occorre investire sul domani. E quello che succederà nei prossimi tempi è la prova che è una mossa che paga». Luca Binetti è un papà di due bimbi splendidi: Aurora, di 4 anni e mezzo, e Marco, di tre. Assieme a Emanuela, sua moglie, sono «una famiglia felice», così la definisce.

Ingegnere, imprenditore, Luca Binetti è attivissimo nell’associazione Famiglie Sma – Genitori per la ricerca sull’atrofia muscolare spinale. La Sma è una malattia che colpisce i muscoli. Per questo, nei malati, attività come camminare, controllare il collo o deglutire possono venire compromesse o impedite. Esistono diverse forme di Sma: Aurora è colpita dalla Sma2, Marco da una forma a insorgenza più tardiva, la Sma3.

Al loro futuro il papà guarda con fiducia, per un’indole e una forza che gli sono proprie. Ma anche perché, dopo tanti tentativi, la ricerca medica sta arrivando a grandi traguardi.

È Eugenio Mercuri, del reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico Gemelli, esperto della patologia, a dare qualche dettaglio in più: «Il momento è di grande entusiasmo. Dopo anni di attese, nel mondo si darà il via alla sperimentazione di cinque molecole, con approcci terapeutici diversi, che hanno dato già degli ottimi risultati preliminari. Un primo studio clinico dovrebbe già partire tra fine 2014 e inizio 2015, altri sono in preparazione per il prossimo anno».

Sarà un progetto che coinvolgerà diversi Paesi, tra cui l’Italia: «La partecipazione del nostro Paese è un risultato importantissimo. Per arrivarci c’è stato un grande lavoro di preparazione dei centri che ospiteranno gli studi. Per essere selezionati occorre acquisire visibilità internazionale, essere in grado di garantire ottimi standard di cura e dimostrare di avere un’organizzazione logistica. Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno dell’associazione Famiglie Sma e all’indispensabile sostegno di Telethon, per far sì che i principali centri italiani adottassero gli stessi standard di cura in accordo con quelli internazionali».

Ciò che si spera di ottenere da questi farmaci è un rallentamento della progressione della patologia: «È un risultato importantissimo –, riprende Luca Binetti –. Per i miei figli, che sono piccoli, questo potrebbe cambiare davvero le cose nel medio-lungo periodo. Se, con alcuni di questi farmaci, si potrà mettere il freno alla malattia, tra 10 anni si potranno presentare chissà quali avanzamenti, di cui Aurora e Marco potranno beneficiare ancora di più perché le terapie già presenti saranno state in grado di portarli fino a quel momento in una condizione migliore».

Binetti non sa ancora se i suoi bambini saranno coinvolti nelle sperimentazioni cliniche: «Ci affideremo al destino, se ne faremo parte ci impegneremo volentieri, altrimenti aspetteremo. Del resto il fine ultimo di questi progetti è più grande di noi, perché riguarda tutti i bambini, non solo i miei». Davanti a queste possibilità, insomma, scatta qualcosa di speciale e delicato: «I nostri diventano gesti d’amore in qualche modo sovrumani. Perché destinati non più al singolo, ma al benessere dei nostri amatissimi figli e di quelli di molte altre famiglie come la nostra».