Non capiva il perché. «In certi momenti, avevo bisogno di lei però mia mamma era a lavorare. I miei avevano un’azienda agricola. Mi sembrava una cosa tremenda». Ora a distanza di tanti anni, la trentenne Simona Spinoglio ammette che il suo gusto per la vita indipendente nasce da lì e che dall’autonomia della mamma ha imparato tanto. Per esempio? «Non è che se sei disabile, devi avere assolutamente tutto, anche se noi malati di atrofia muscolare spinale troviamo sempre il modo di arrivare a quel che vogliamo».

Beh, il rapporto con la realtà è complicato per tutti, ma si fa più complesso se a cedere sono le cellule nervose delle corna anteriori del midollo spinale da cui partono i nervi: il progressivo indebolimento dell’apparato muscolare costringe il malato su una sedia a rotelle. Una condizione che impedisce la mobilità e potrebbe rendere più difficile, per dire, frequentare l’università e laurearsi.

«Ho potuto studiare e laurearmi come educatore professionale grazie al progetto “Una vita indipendente”, che mi ha consentito di pagare un assistente personale». Dopo l’università, ecco la chance di frequentare un master in counseling (sempre grazie al progetto, che lei chiama “le mie gambe e le mie braccia”) e finalmente il grande passo: nel 2005 va a vivere da sola. Dopo aver aperto un’associazione, un breve periodo in Adecco («ma la selezione del personale non mi piaceva») e il suo amato lavoro: la pratica del counseling, individuale e per gruppi. Le tematiche? La ricerca del sé, la percezione del proprio corpo e dei propri bisogni, il rapporto con la malattia e con la disabilità.

«Ho uno studio, dove lavoro tre giorni alla settimana e dove vedo i clienti. Il mio assistente, dopo avermi aiutato a prepararmi, mi porta in ufficio e, mentre lavoro, torna a casa per accudire la casa e cucinare. Gli altri due giorni li passo in casa, scrivendo i progetti o prendendo contatti per il futuro».

In questo modo, Simona può essere completamente indipendente.

«L’autonomia mi piace. Certo devi smazzarti un sacco di cose: il rapporto con la persona che mi accudisce, la rendicontazione per il progetto “Una vita indipendente”, una certa rinuncia alla solitudine… Però ne vale assolutamente la pena».

Senza contare che il lavoro è importante, ma non è l’unico a riempire l’esistenza di Simona: un compagno (sul quale mantiene uno stretto riserbo), il teatro e poi il canto. Se cercate sul web troverete “Musica Rossetti e Sma“, un video nel quale lei canta con il nome d’arte di Naomis.

Proprio per favorire la “vita indipendente”, la Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolari) ha strutturato l’omonimo progetto con il quale intende sostenere le pari opportunità e il diritto a una cittadinanza piena anche per chi è affetto da malattie neuromuscolari. In pratica, a chi desidera vivere un’esperienza di vita autonoma si offre la possibilità di avere un’assistente personale che possa garantire tutti gli aspetti della quotidianità che non può seguire: cucinare, rassettare casa…

In pratica far sì che l’autonomia sia perfettamente a portata di mano. Per garantire la sostenibilità economica, ogni sezione territoriale di Uildm si serve delle risorse pubbliche e private (tipicamente delle fondazioni territoriali). Per informarsi e verificare come è possibile partecipare al progetto, occorre rivolgersi alle sezioni locali della Uildm, raggiungibili dal sito www.uildm.org.