Spesso, la paura porta a chiudersi in se stessi e a non affrontare quelli che appaiono problemi insormontabili. Ti toglie la voglia di vivere. C’è però chi trova dentro di sé e negli altri il coraggio per affrontarla, fermarla, sconfiggerla. La storia di Irene, mamma e volontaria di Telethon, lo racconta. «È il secondo anno che organizzo banchetti di raccolta per Telethon. L’ho fatto perché da tempo cercavo un modo per dare il mio contributo. Perché mio figlio Giorgio ha una malattia genetica e per me, diventare volontaria, era l’unico modo per poter dare un contributo concreto».

Giorgio ha la distrofia di Duchenne, la malattia per cui Telethon è nata e sulla quale sono tanti i ricercatori finanziati che lottano per giungere alla cura.

«Anche prima che mio figlio nascesse avevo sentito parlare della maratona, ma non sentivo la necessità di donare. Dopo ho capito. Ho compreso che con le malattie genetiche è come giocare ad una roulette russa. Può succedere a chiunque. A me è successo. È grazie a mio figlio che ho capito che Telethon esiste per non farci sentire più soli. Per non far vivere ad altre mamme, papà e figli quella sensazione di abbandono che ti assale quando scopri di aver paura. Il terrore  di lottare contro un male che non conosci e che non sai come sconfiggere. Sempre grazie a Telethon sono entrata in contatto anche con un’altra bellissima realtà, l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uildm). Anche loro sono persone speciali e con cui collaboro nelle giornate della Campagna nazionale per distribuire in piazza le farfalline solidali».

Una volontaria a tutto campo che coinvolge nella raccolta tutta la famiglia. Da suo marito, che l’ha accompagnata ad ogni banchetto, a sua cognata che ha ordinato le bomboniere di Telethon, fino alla sorella che ha fatto la sua piccola maratona presso la struttura ospedaliera in cui lavora. Una famiglia pronta a spendere sorrisi, energie e tempo per la ricerca.

«Ringrazio Telethon non solo perché mi ha dato la possibilità di provare questa bellissima esperienza di volontaria, ma perché mi ha avvicinata a un mondo che non conoscevo. Mi ha sorpreso la disponibilità di alcuni ricercatori a cui ho scritto e che mi hanno subito risposto e dato una mano».

Così la vita di Irene è cambiata ed è diverso anche il suo modo di intendere il mettere a disposizione il proprio tempo libero e le proprie energie per la ricerca.

«Se qualcuno oggi mi chiedesse perché è importante fare il volontario per Telethon spiegherei che è uno dei modi migliori per sentirti bene con te stesso. Stando in una piazza o all’ingresso di un supermercato per chiedere a tutti una donazione si imparano tante cose. Si riesce a guardare in faccia chi, con indifferenza, cerca di sfuggire al tuo sguardo, ma soprattutto si conoscono tantissime altre persone che, come te, credono nella ricerca e sperano in un futuro più sereno, senza malattie genetiche. Fare il volontario per Telethon ti fa sentire utile e permette a molta gente di avvicinarsi a una tematica, quella delle malattie genetiche, che spesso non si conosce».