Scopriamo la storia di Giuditta e di sua figlia Margherita, nata con una rara malattia genetica, la sindrome di Rett, attraverso le parole di Cristina, mamma di Emanuele, anche lui bimbo “raro”.

Margherita con mamma Giuditta

Margherita e la sua famiglia vivono a Introbio in provincia di Lecco. Ha 7 anni, due fratelli più grandi, e per Natale ha chiesto una Barbie Sirena, che forse un po’ le somiglia. Le sirene nuotano e vivono sotto il mare, in un mondo pieno di magia, ma che resta immaginario.

Margherita invece vive con una sindrome genetica rara chiamata sindrome di Rett, vive in Italia e per lei la magia sarebbe questa: un giorno svegliarsi e saper che esiste una cura per questa malattia.

«Aver le energie necessarie per intraprendere tutte le battaglie non è sempre possibile», come comprendo le parole di Giuditta, da mamma di un bambino raro come Margherita so che la forza per affrontarle sono i figli a darcela.

La sindrome di Rett non è semplice da diagnosticare. Durante un day hospital – per approfondire le cause di alcuni problemi emersi alla nascita ai quali solo Giuditta aveva dato peso – nei corridoi dell’ospedale una giovane neuropsichiatra, colpita dallo sguardo di Margherita, ipotizzò una diagnosi che si confermò poco dopo, e fu provvidenziale.

La sindrome di Rett colpisce le bambine, ed è comunemente detta “la sindrome degli occhi belli”. I suoi genitori combattono, insieme a tanti altri, perché questa frase non susciti semplicemente pietismo e tenerezza. Una piccola rivoluzione copernicana: Margherita può e deve comunicare attraverso i suoi occhi. Per questo i genitori si impegnano con tutte le forze per ottenere un puntatore oculare, per permetterle di comunicare meglio. E i suoi occhi non saranno più specchio del pietismo, ma di un mondo di vita piena da raccontare.

Queste battaglie per migliorare la vita dei nostri figli ci accomuna molto. Quello di Giuditta e Margherita è lo stesso percorso che intrapresi per permettere ad Emanuele di poter sentire i suoni che lo circondano grazie a un impianto cocleare. Battaglie che solo noi genitori possiamo intraprendere perché dettate dal nostro desiderio di vedere i nostri figli più felici.

Giuditta e la sua famiglia credono fortemente nella ricerca scientifica e il 2007 è l’anno in cui questa fede ha acceso il fuoco della loro speranza. A Edimburgo, infatti, il ricercatore Adrian Bird ha dimostrato in laboratorio che i sintomi della malattia sono reversibili. Quindi una cura è possibile.

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Nell’attesa che la ricerca vada avanti e che questa speranza diventi realtà, ogni giorno si apprezza la stabilità, anche nella fatica. Questa consapevolezza non rende noi genitori di bimbi rari “forti” ma ci mette in ascolto di tutto quello che i nostri figli ci insegnano, come spiega Giuditta in una frase:

«Non sarei mai quella che sono oggi senza Margherita».

La sofferenza è maestra di vita, l’amore ci insegna a vivere la sofferenza, l’amore ci insegna l’arte della vita. Margherita trasmette gioia a chi la incontra, insegna cosa sia l’inclusione a scuola, dove ha conosciuto le sue migliori amiche, che chiamano le loro bambole col suo nome e aspettano che possa tornare a scuola. Il Covid-19, infatti, le ha impedito di iniziare la prima elementare, custodire la sua salute richiede sacrifici, ma Giuditta ha fiducia che possa presto tornare a scuola fra l’affetto dei suoi compagni.

Questa è la vita dei genitori con bambini affetti da malattie rare: imprevedibile, piena di sorprese, fatta di sistemi posturali, di nutrizione attraverso la peg, comunicazione attraverso le immagini. È una vita che ricalibra le priorità, è una vita in cui non si smette mai di imparare: il coraggio non ci appartiene, lo conquistiamo perché non ci arrendiamo alla malattia ma percorriamo la strada della felicità.