Nuovo passo avanti verso la terapia genica della beta-talassemia: uno studio* pubblicato oggi on-line sulla prestigiosa rivista americana Proceedings of the National Academy of Sciences e portata avanti da ricercatori guidati da Giuliana Ferrari dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (Hsr-Tiget) e dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano ha dimostrato nei topi come le cellule staminali emopoietiche (cioè quelle cellule destinate a crescere e a differenziarsi in cellule del sangue), corrette con la terapia genica e trapiantate nell’organismo, abbiano un forte vantaggio rispetto a quelle malate e riescano – seppure in minoranza – ad assicurare una normale produzione di globuli rossi.

La scoperta, cofinanziata dalla Fondazione Telethon e dalla Fondazione Istituto Mediterraneo di Ematologia, dà quindi importanti indicazioni operative a tutti quegli scienziati che in diversi laboratori del mondo stanno lavorando alla messa a punto di una strategia sicura ed efficace per la terapia genica di questa gravissima forma di anemia ereditaria. La beta-talassemia, o morbo di Cooley, è dovuta a un difetto nel gene della beta-globina, una delle porzioni che formano l’emoglobina. Questa proteina è contenuta nei globuli rossi del sangue e normalmente trasporta l’ossigeno destinato ai tessuti dell’organismo. La forma di Cooley è quella più grave fra tutte le talassemie, che nell’insieme, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono al primo posto nel mondo fra le malattie ereditarie monogeniche. Particolarmente colpite le popolazioni del bacino del Mediterraneo: solo in Italia, i pazienti sono circa 6000. Al momento l’unica terapia che assicura una guarigione definitiva è il trapianto di cellule staminali del midollo osseo, ma non sempre si dispone di un donatore compatibile. Con la terapia genica, invece, non occorrerebbe trovare un donatore.

La strategia prevede infatti di prelevare le cellule staminali del malato e iniettarvi un vettore virale, un comune virus reso innocuo, contenente una copia corretta del gene della beta globina. Le cellule trattate vengono poi reinfuse nel paziente e danno vita a globuli rossi sani. Nel modello animale della malattia la terapia ha dimostrato di funzionare fin dal 2000, quando i ricercatori hanno cominciato a sfruttare virus navicella ricavati dall’Hiv, il virus responsabile dell’Aids.

Spiega Giuliana Ferrari, coordinatore dello studio e responsabile Unità di Trasferimento Genico in Cellule Staminali al San Raffaele-Tiget: La novità della nostra ricerca sta nel fatto che per la prima volta abbiamo dimostrato che le cellule staminali corrette con il vettore sono avvantaggiate rispetto a quelle malate e riescono a compiere perfettamente il percorso fino allo stadio di globulo rosso. “In altre parole, – continua la ricercatrice, che ha usato un vettore lentivirale sviluppato e prodotto nel suo laboratorio – non importa se le cellule staminali corrette sono soltanto una parte: nel modello animale di malattia basta l’attecchimento del 30-50% delle cellule trapiantate con il gene corretto per ripopolare completamente il sangue di globuli rossi funzionanti”.

Il lavoro, a cui ha partecipato anche il Kings College di Londra, dà un grosso contributo all’approccio clinico nell’uomo. Ma come ha dichiarato Maria Grazia Roncarolo, direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (Hsr-Tiget) e direttore scientifico dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, “questo successo, così come il futuro passo verso la sperimentazione clinica, è stato possibile anche grazie alla stretta collaborazione con il centro trapianti per pazienti talassemici presente nel nostro istituto, che negli ultimi due anni ha trattato ben 60 pazienti talassemici provenienti da diversi paesi del bacino del Mediterraneo. Questo ha reso possibile l’integrazione delle competenze di ricercatori e clinici in un formidabile lavoro di equipe finalizzato alla cura della beta-talassemia”.

Lo studio è stato possibile grazie a finanziamenti della Fondazione Telethon, della Fondazione Istituto Mediterraneo di Ematologia, della Commissione Europea, dei National Institutes of Health (Nih) americano e della United Kingdom Thalassaemia Society.

*Miccio A. et al, “In vivo selection of genetically modified erythroblastic progenitors leads to long-term correction of beta-thalassemia”. PNAS, luglio 2008.