Oggi si celebra in tutto mondo la giornata di sensibilizzazione su una delle malattie genetiche più diffuse e su cui Fondazione Telethon ha investito in ricerca scientifica oltre 4 milioni di euro: la fibrosi cistica

Francesco e Costantino, nati con la fibrosi cistica, fotografati da Dirk Vogel in occasione dei 30 anni di Telethon

Oggi 8 settembre si celebra in tutto il mondo la giornata della fibrosi cistica, una delle malattie genetiche più diffuse in assoluto: si stima infatti che siano circa 100 mila i malati nel mondo, 6 mila soltanto in Italia, mentre sarebbero addirittura 1 su 25 i portatori sani del difetto genetico responsabile, a carico di una proteina fondamentale per il flusso di acqua e ioni attraverso le cellule. Una malattia per certi versi “invisibile” perché non lascia segni all’esterno, né ha alcun impatto sulle capacità cognitive: all’interno dell’organismo invece i danni li fa eccome, portando alla produzione di muco eccessivamente denso che progressivamente ostruisce bronchi e pancreas, con conseguenti infezioni respiratorie acute e difficoltà nel digerire e assimilare i cibi.

«La fibrosi cistica compromette seriamente la qualità di vita di chi ne è affetto, ma oggi ci troviamo di fronte a una trasformazione importante – ricorda Gianna Puppo Fornaro, Presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica-LIFC. I nuovi farmaci che agiscono sul difetto di base, le terapie personalizzate e una popolazione di pazienti adulti in crescita, ci impongono nuove sfide».

Gli ultimi anni, infatti, hanno segnato un vero cambio di passo per questa comunità di pazienti: nel 2015 è stato approvato il primo farmaco in grado di agire specificamente sul meccanismo della malattia migliorando la performance della proteina difettosa, che tuttavia era efficace soltanto per il 5 per cento di tutte le mutazioni associate alla fibrosi cistica. La ricerca però è andata avanti a tambur battente enel 2019 è stata approvata negli Usa – e da qualche mese anche nell’Unione Europea – una nuova combinazione di 3 farmaci con un ampio raggio d’azione: almeno il 70 per cento dei pazienti, con punte del 90 per cento in alcune zone del mondo (sono diverse centinaia infatti le mutazioni responsabili, con una distribuzione geografica molto variabile). A testimoniare come questo nuovo trattamento sia in grado di migliorare significativamente la qualità della vita è Pierpaolo, 37 anni, che lo prende da circa un anno.

«Per questo –  continua Fornaro – dobbiamo parlare ancora di più di fibrosi cistica, di risposte alle persone e alla rete di assistenza e impegnarci ancora più a fondo per migliorare la qualità di vita di chi nasce con questa malattia cronica e degenerativa. La piena realizzazione professionale e familiare, l’empowerment del paziente e la riduzione del peso delle cure, sono priorità sulle quali continuiamo a lavorare come associazione di pazienti, resta però l’urgenza, sul versante istituzionale, di adeguare i livelli di assistenza alle necessità di una popolazione adulta e di uniformare l’accesso alle cure su scala nazionale, soprattutto se si guarda ai trapianti».

La fibrosi cistica è da sempre oggetto di studio da parte dei ricercatori Telethon: ad oggi sono complessivamente 27 i progetti finanziati, per un totale di oltre 4,3 milioni di euro. In particolare, presso l’Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli vi è un gruppo di ricerca interamente dedicato a questa patologia: è quello guidato da Luis Galietta, che da molti anni è attivo nella ricerca di farmaci efficaci nella fibrosi cistica, che possano funzionare da correttori o potenziatori della proteina CFTR difettosa, ma anche di strategie alternative che consentano di offrire un’opportunità terapeutica anche a quei pazienti portatori di mutazioni che non sono sensibili ai farmaci disponibili, come per esempio quelle non senso, che non portano cioè alla produzione di alcuna proteina. Inoltre, Galietta e il suo team studiano da tempo la proteina ATP12A come bersaglio farmacologico alternativo: inibirla potrebbe contribuire a ridurre l’acidificazione che si osserva nelle vie aeree dei pazienti. Bisogna infatti considerare che il gene CFTR è molto grosso e ad oggi si conoscono ben 2.000 mutazioni, che i ricercatori stanno provando a classificare in base all’alterazione della proteina CFTR che producono e, in ultima analisi, agli effetti dannosi sull’organismo, che possono variare notevolmente. Accanto a mutazioni molto frequenti come F508del, la più diffusa in assoluto nel mondo per la quale sono stati sviluppati i nuovi farmaci, ce ne sono anche di molto rare descritte soltanto in pochi casi di cui non si conosce nulla. Un caso particolarmente interessante in questo senso è stato quello di Camilla, una bambina dal profilo genetico assolutamente unico che grazie al lavoro di Galietta e di una squadra di ricercatori di tutta Italia ha potuto ricevere una terapia farmacologica “adatta” al suo assetto genetico.