Scoperta una nuova tecnica per aumentare la sicurezza e l’efficacia della terapia genica che consiste nell’inserire in una cellula malata una “navicella” da cui escono due proiettili biologici, uno per compensare il gene malato con quello sano e uno per rendere visibili le cellule nelle quali è entrato il gene sano. È l’oggetto della pubblicazione del gruppo coordinato da Luigi Naldini, condirettore dell’Istituto Telethon-San Raffaele per la Terapia Genica (SR-TIGET) sulla prestigiosa rivista Nature Biotechnology*.

Sfruttando la capacità che certe sequenze di DNA hanno di poter accendere geni adiacenti sia che si trovino alla loro destra sia alla loro sinistra, i ricercatori hanno costruito in laboratorio un nuovo vettore virale, la navicella dalla quale, una volta entrata nella cellula bersaglio, fuoriescono due geni che vanno a correggere il difetto e aggiungono al patrimonio genetico della cellula ospite qualche caratteristica in più.

La scoperta trova un’applicazione immediata nella terapia genica, un esempio di medicina molecolare che usa i geni come farmaci e le cui potenzialità per la cura di alcune malattie genetiche sono dimostrate proprio dal successo delle sperimentazioni in corso presso l’SR-TIGET: in particolare si è trattato di una forma di immunodeficienza congenita, l’ADA-SCID, grave malattia che abolisce le difese immunitarie per la quale, dal 2002 a oggi, sono stati già curati 6 bimbi.

La terapia genica consente di compensare in una cellula malata prelevata dal paziente un gene difettoso responsabile della patologia introducendovi la sua versione sana con un vettore virale. Le cellule curate vengono poi fatte moltiplicare in laboratorio e trapiantate nel paziente.

Finora, per introdurre due geni nelle cellule malate era necessario utilizzare due navicelle, oppure una modificata per lo scopo: in entrambi i casi si otteneva un doppio trasferimento genico con efficienza talmente ridotta da limitarne le applicazioni. Ora invece è possibile introdurre due geni simultaneamente grazie a un unico vettore, con numerosi vantaggi per la terapia genica, che si riassumono in una maggiore sicurezza ed efficacia della tecnica: oltre alla correzione del difetto genetico, infatti, sulle cellule curate può essere posizionata una sorta di bandierina che le distingue dalle altre, rendendo più facile il loro riconoscimento e la loro selezione per farle moltiplicare o per eliminarle a seconda della necessità.

La possibilità infatti di purificare prima del trapianto nel paziente le sole cellule corrette mediante il trasferimento genico, o di farle moltiplicare selettivamente nel paziente dopo il trapianto a discapito di quelle malate, aumenta le probabilità di successo della terapia genica. Nel caso invece in cui si presentassero effetti avversi della terapia, l’introduzione anche di un gene per l’eliminazione a comando della cellula modificata ne permetterebbe l’eliminazione nel paziente.

Commenta Naldini: “Anche se le applicazioni di questo nuovo vettore “a doppio carico genico” sono finora state dimostrate in campo sperimentale, i prossimi studi chiariranno se davvero permetterà di migliorare anche l’efficacia e la sicurezza della terapia genica”.

*Amendola M et al. Nat Biotechnol. 2005 Jan;23(1):108-16.