Aumentare la dose di una proteina chiamata mIGF-1 (Insulin-like Growth Factor) nel muscolo del modello animale colpito dalla sclerosi laterale amiotrofica (SLA) aiuta ad attenuare il declino muscolare, ad attivarne la rigenerazione ed a rallentare la degenerazione dei motoneuroni, le cellule nervose localizzate nel midollo spinale che trasmettono i comandi ai muscoli. Ecco il risultato ottenuto, grazie al finanziamento di Telethon, dal gruppo coordinato da Antonio Musarò del dipartimento di Istologia ed Embriologia Medica dell’Università di Roma La Sapienza e pubblicato sul Journal of Cell Biology*.

Il progetto si propone di caratterizzare i fattori responsabili della degenerazione muscolare osservata nella SLA, una delle più severe malattie neurodegenerative dell’individuo adulto tristemente famosa tra gli sportivi, in cui la morte dei motoneuroni altera la funzionalità del muscolo scheletrico causando paralisi e atrofia muscolare. Inoltre è compromessa la rigenerazione muscolare, danneggiando ulteriormente l’architettura e il funzionamento del muscolo.

La principale causa della malattia risiede in un difetto nel gene per un enzima chiamato superossido dismutasi 1 (SOD1). Lo studio delle basi molecolari della patologia è reso possibile da un modello animale che mostra lo stesso quadro clinico dei pazienti con SLA e rappresenta un eccellente modello sperimentale per la ricerca preclinica, quella che precede lo studio sui pazienti.

Per aiutare il muscolo a mantenere volume, dimensioni e funzionalità, i ricercatori hanno aggiunto nei muscoli del topolino malato la proteina mIGF-1, che non a caso si chiama “fattore di crescita”: il suo ruolo è infatti quello di favorire il benessere del muscolo facendolo crescere e funzionare a dovere. Il risultato è sorprendente: gli animali vivono circa 30 giorni in più e tra gli effetti osservati ci sono l’integrità dei muscoli, una maggiore attività delle cellule satelliti – quelle che rimpiazzano le fibre danneggiate – e un aumento della sopravvivenza dei motoneuroni, con un rallentamento della comparsa e della progressione della malattia.

Il risultato è importante perché evidenzia che uno dei motivi per cui la terapia convenzionale della SLA produce scarsi risultati è che non basta più concentrarsi solo sulla morte dei motoneuroni, ma bisogna esplorare anche gli effetti del difetto genetico sul muscolo scheletrico. I nostri esperimenti servono a rifocalizzare le strategie terapeutiche attraverso lo sviluppo di approcci molto più mirati, anche se la proteina mIGF-1 da noi utilizzata è ancora in fase sperimentale” commenta Musarò.

Il muscolo scheletrico si è infatti rivelato un bersaglio primario del difetto nel gene SOD e produce fattori appropriati, come mIGF-1, che riducono la degenerazione delle cellule nervose. Conclude Musarò: “La SLA sta emergendo come una malattia “multisistemica” in cui il danno simultaneo a diversi tipi cellulari, muscolo, neurone e glia, potrebbe aggravare la progressione della malattia stessa”.

*Dobrowolny G et al. J Cell Biol 2005 Jan 17;168(2).