Niente più ansia, miglioramento dei deficit di memoria e di comportamento, maggiore desiderio di esplorare situazioni nuove, minor timore verso gli stimoli esterni che diventano sempre più familiari: ecco che cosa succede ai topini-modello per lo studio della sindrome dell’X fragile se posti in un ambiente ricco di stimoli per due mesi. Ma non basta: tornano allo stato normale anche le cosiddette “spine dendritiche”, sorta di braccini delle cellule nervose del cervello che terminano con una protuberanza a forma di funghetto e che mettono in contatto i neuroni per farli comunicare.

È il risultato del lavoro del gruppo della professoressa Claudia Bagni, presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma “Tor Vergata” e il Dipartimento di Neuroscienze Sperimentali, IRCCS Fondazione S. Lucia di Roma in collaborazione con la dottoressa Martine Ammassari Teule, finanziato da Telethon e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences*.

I ricercatori hanno tenuto per due mesi giovani topini con sintomatologia simile ai pazienti affetti da X fragile in un ambiente “arricchito”, costituito da una combinazione di più stimoli sociali e inanimati rispetto alla norma: maggior numero di animali per gabbia, uno spazio più ampio per muoversi, maggiori stimoli visivi, uditivi, tattili (palline colorate, scale per arrampicarsi, tubi da attraversare, piccole campanelle, scatole) in materiali diversi e modificati di continuo durante il periodo sperimentale.

Ed ecco il risultato: alcuni sintomi della malattia, tra cui difetti comportamentali, neurologici e morfologici, sono notevolmente migliorati. I topini che, come l’uomo, manifestavano ansia, iperattività e deficit di memoria e apprendimento, dopo aver trascorso un periodo della loro “gioventù” in un ambiente particolarmente favorevole, non presentano più tali sintomi. In altre parole è tornato il desiderio di esplorare ed è diminuita la soggezione agli stimoli esterni man mano che diventano più familiari, due parametri che valutano le funzioni emotive e cognitive, alterate nei pazienti con la X fragile.

L’altro aspetto importante della ricerca riguarda la comprensione di alcuni meccanismi molecolari dell’apprendimento attraverso la messa in evidenza di fattori indipendenti dalla proteina FMRP, responsabile della malattia, che potrebbero aiutare a risolvere i sintomi della sindrome dell’X fragile. Nel processo entrano infatti in gioco alcune molecole del gruppo dei cosiddetti recettori del glutammato(AMPA): questo potrebbe essere il meccanismo in grado di compensare la mancanza di FMRP nelle sinapsi.

Commenta Claudia Bagni: “La scoperta nel modello animale del recupero sia dell’esplorazione sia dell’adattamento a nuove situazioni, seguito dal rimodellamento della cellula nervosa, indica che gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno possono avere effetti positivi sull’ansia e sui deficit di memoria dei pazienti X fragile. L’ambiente è importante e seguire i bambini aiuta”.

La possibilità di un recupero del comportamento e della memoria nei pazienti esiste, perché alcuni dei meccanismi responsabili di queste funzioni sono ancora presenti e vanno “risvegliati” con opportuni stimoli, inclusi quelli ambientali.

*Restivo L et al. PNAS 9 Agosto 2005 (vol 102, n° 32)