Presso i laboratori dell’Istituto CSS Mendel di Roma, diretto dal Prof. Bruno Dallapiccola, il gruppo di ricerca coordinato da Enza Maria Valente ha scoperto un nuovo gene responsabile di una forma di malattia di Parkinson ad esordio giovanile e trasmissione recessiva (PARK6). La scoperta, frutto di un progetto finanziato da Telethon e condotto in collaborazione con ricercatori inglesi e tedeschi, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Science*.

Il gene responsabile della malattia, denominato PINK1, è localizzato sul cromosoma 1 e codifica per una proteina dei mitocondri, le centrali energetiche della cellula responsabili di alcune reazioni metaboliche fondamentali nel mantenimento dell’integrità cellulare.

La malattia di Parkinson è la più frequente malattia neurodegenerativa dopo la malattia di Alzheimer: colpisce le cellule cerebrali che producono dopamina, neurotrasmettitore che i neuroni utilizzano per comunicare fra loro. Per ragioni ancora in parte sconosciute, i neuroni che producono dopamina degenerano e questo si traduce nei sintomi tipici della malattia come tremore a riposo, lentezza ed impaccio nei movimenti, rigidità muscolare, instabilità posturale.

Nella maggior parte dei casi la malattia di Parkinson è sporadica, ma esistono anche alcune forme ereditarie più rare (forme di tipo familiare, denominate con la sigla PARK seguita da un numero progressivo), che possono essere trasmesse sia con modalità autosomica dominante, che autosomica recessiva. Le forme a esordio giovanile tendono a essere trasmesse in forma recessiva e sono a progressione più lenta e benigna, con buona risposta alla terapia.

Alcuni geni responsabili di forme familiari sia dominanti che recessive sono stati individuati di recente. Lo studio della funzione di questi geni sta permettendo di comprendere i meccanismi patogenetici che verosimilmente intervengono anche nelle forme di malattia di Parkinson idiopatica. In questi casi, è verosimile che numerosi fattori di suscettibilità, sia genetici ed ambientali, concorrano a determinare l’insorgenza della patologia.

Al momento, due principali meccanismi cellulari sono stati coinvolti nella malattia di Parkinson: lo stress ossidativo e l’alterazione della funzione mitocondriale; l’accumulo intracellulare di proteine a conformazione anomala e di aggregati proteici. I mitocondri sono degli organelli presenti in tutte le nostre cellule e svolgono un ruolo fondamentale per la sopravvivenza cellulare, in quanto rappresentano la sorgente di energia della cellula. Se i mitocondri non funzionano in modo efficiente, la cellula non ha energia sufficiente per espletare tutte le sue funzioni vitali e va quindi incontro a morte. Alcune condizioni, come lo stress ossidativo e i radicali liberi, danneggiano la funzionalità mitocondriale. Questo avviene soprattutto nei neuroni che producono dopamina, in quanto il metabolismo della dopamina di per sé è una fonte di radicali liberi. Le cellule normalmente mettono in atto efficienti sistemi di difesa, attivando alcuni geni fondamentali che svolgono un ruolo protettivo contro le situazioni di stress.

Alcuni dei geni sinora identificati sembrano determinare la malattia di Parkinson attraverso una alterazione della funzione mitocondriale, ma le evidenze a supporto di questa ipotesi sono state sinora di tipo indiretto. Questo lavoro di Enza Maria Valente è la prima dimostrazione che la cosiddetta “ipotesi mitocondriale” rappresenta una valida teoria per spiegare almeno in parte la patogenesi della malattia di Parkinson.

L’identificazione di questo gene rappresenta dunque una tappa molto importante della ricerca sulle cause della malattia di Parkinson: infatti, la dimostrazione di un legame tra una proteina mitocondriale e la malattia punta l’attenzione su un possibile meccanismo che porta alla neurodegenerazione. PINK1 potrebbe, in effetti, svolgere un ruolo rilevante nel mantenere una corretta funzione mitocondriale e nel proteggere i neuroni da condizioni di stress, come ad esempio lo stress ossidativo. Mutazioni in questo gene rendono, quindi, i neuroni dopaminergici (quelli colpiti dal Parkinson) più vulnerabili a condizioni di stress, con conseguente neurodegenerazione e sviluppo della malattia. 

L’identificazione del gene è stata possibile grazie allo studio di due famiglie italiane in cura presso l’Università Cattolica di Roma dalla dott. Anna Rita Bentivoglio, nell’ambito di un progetto sullo studio dei parkinsonismi genetici coordinato dal prof. Alberto Albanese. Una terza famiglia con mutazioni nel gene PINK1 è stata identificata in Spagna. Nonostante l’età d’esordio più giovanile (30-50 anni), il quadro clinico dei pazienti con mutazioni in questo nuovo gene è molto simile a quello della malattia di Parkinson tipica.

Questa scoperta ha delle importanti ricadute per la comprensione dei meccanismi che provocano la malattia di Parkinson, con la possibilità di individuare nuovi approcci terapeutici e neuroprotettivi mirati, ad esempio, a ridurre lo stress ossidativo e a ripristinare la corretta funzionalità mitocondriale.

*EM Valente et al, “Hereditary early-onset Parkinson`s disease is caused by mutations in PINK1”. Science, 2004.