Jessica, sua madre e suoi parenti materni soffrono tutti di una rarissima forma di distrofia muscolare ereditaria, la distrofia muscolare dei cingoli 1F.

Una malattia genetica che colpisce circa 200 persone in tutto, tutte quante imparentate. Causata da una mutazione che, sorprendentemente, rende la famiglia di Jessica immune all’infezione da HIV e mostra ancora una volta, come la ricerca sulle malattie genetiche rare può avere conseguenze importanti anche per malattie molto più comuni.

«È una storia sorprendente, che comincia almeno otto anni fa», racconta Vincenzo Nigro, ricercatore Telethon presto il Tigem di Pozzuoli, esperto di distrofie muscolari e sequenziamento, responsabile dell’identificazione del gene che causa la malattia.

«Jessica non presentava nessuna mutazione nota che potesse spiegare l’insorgenza di una distrofia muscolare.  Per trovare delle risposte abbiamo fatto ricorso ad una tecnica che ai tempi era molto più difficile e meno utilizzata di quanto non sia oggi: abbiamo infatti sequenziato completamente il genoma di tutta la famiglia, alla ricerca di variazioni genetiche rare. Non solo Jessica e sua madre, ma anche i parenti materni, che vivono in Spagna. Solo setacciando a fondo tutto l’albero genealogico siamo riusciti, nel 2013, a identificare il gene responsabile, quello della trasportina 3».

La trasportina è una proteina che fa da traghettatrice verso il nucleo della cellula, dove si trova il dna: a prima vista non sembra avere nulla a che fare con una malattia che si manifesta con una progressiva degenerazione del tessuto muscolare. «Per quasi due anni neanche io credevo possibile che una mutazione nella trasportina potesse causare una distrofia muscolare, e abbiamo cercato altre possibili spiegazioni. Ma alla fine abbiamo verificato che tutti i membri sani della famiglia non avevano la mutazione, e tutti i malati si: questo ci ha permesso non solo di confermare che il gene interessato era proprio quello della trasportina, ma anche di iniziare a capire il meccanismo che portava all’insorgere della malattia».

Meccanismo che era già stato studiato in un ambito molto diverso: quello della ricerca sull’Hiv e sull’Aids. «Il virus dell’Hiv utilizza la trasportina 3 come via d’entrata per arrivare al nucleo e al dna» spiega il professor Nigro. «All’inizio il legame era teorico, ma recentemente tramite studi in vitro è stato confermato che questa mutazione impedisce al virus dell’HIV di infettare le cellule. Studiare la distrofia muscolare dei cingoli 1F ci permette di comprendere meglio il funzionamento dell’Hiv, e studiare l’interazione tra il virus e la trasportina può aiutarci a comprendere meglio l’insorgenza della distrofia».

Studiare la distrofia muscolare dei cingoli 1F ci permette di comprendere meglio il funzionamento dell’Hiv, e studiare l’interazione tra il virus e la trasportina può aiutarci a comprendere meglio l’insorgenza della distrofia».

Una scoperta nell’ambito delle malattie rare che ancora una volta si dimostra importante per la comprensione di una patologia molto più frequente. «Può sembrare solo un caso fortuito, ma non è così semplice» continua il professor Nigro. «I geni umani sono circa ventimila, e le malattie genetiche rare note sono circa seimila. Ciascuna malattia è una porta d’ingresso unica per capire un gene, vedendo che succede se spegniamo proprio quell’ “interruttore” tra gli oltre ventimila possibili. E ci da delle informazioni preziosissime che non potremmo ottenere in nessuna altra maniera».  E lo può fare anche grazie alla generosità e il coraggio dei pazienti, come nel caso di Jessica e della sua famiglia, che hanno donato sangue, cellule e tessuti per una ricerca che aiuta non solo loro, ma tutti quanti.

«Non possiamo lasciarci spaventare da questa sfida. La comprensione delle malattie rare è la comprensione dell’essere umano nel suo complesso».

Vincenzo Nigro